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Table of Contents

Fonetica naturale canIPA — FAQ

01. Che cos’è la Fonetica naturale? In che senso è naturale?
02. La fonetica è parte della linguistica?
03. Ma, allora, non c’è nessun’implicazione teorica? Cioè, che cos’è la linguistica, secondo te?
04. Ma, dovremmo accontentarci dell’adeguatezza descrittiva, lasciando perdere l’adeguatezza esplicativa?
05. Come si può acquisire l’abilità sufficiente per fare Fonetica naturale?
06. Quanto tempo ci vuole per arrivare a cogliere tutti questi dettagli?
07. Qual è lo scopo di fare tutto questo lavoro per dei suoni?
08. Perché usare cosí tanti simboli?
09. Non sarebbe meglio seguire il principio fonemico proposto dall’IPA e usare i diacritici per tutte le sfumature?
10. Che cos'è che non va nell’alfabeto fonetico dell’IPA?
11. Ma, allora, perché lo chiamano alfabeto fonetico?
12. Qual è lo scopo di mettere tutti quei particolari nelle trascrizioni?
13. Ma, bisogna ammettere che le tue trascrizioni sono difficili da leggere.
14. Ma si può davvero distinguere tutti quei suoni?
15. Bisogna, comunque, riconoscere che questo modo impressionistico di fare fonetica è meno oggettivo.
16. Perché la classificazione delle Vocali cardinali del Jones non è utile come quella della Fonetica naturale?
17. Perché mai si dovrebbe apprendere la Fonetica naturale, se è cosí facile fare fonetica col computer (specie per l’intonazione)?
18. Però, non si possono negare i grandi progressi tecnologici portati dalla fonetica acustica.
19. Perché sequenze come [je, ja, wo, wa] non sono veri dittonghi fonetici?
20. Perché le sillabe sono chiamate «fonosillabe»?
21. È da approvare la fonetica normativa?
22. Che cos’è la pronuncia neutra?
23. Davvero avresti l’intenzione di lavorare con «chiunque» allo scopo di diffondere il metodo della Fonetica naturale?




01. Che cos’è la Fonetica naturale? In che senso è naturale?

Con Fonetica naturale, intendo quel tipo d’analisi e d’introspezione dei suoni linguistici e dell’intonazione, che si possono fare da soli, senza costose e complicate apparecchiature. Si tratta di qualcosa che si può fare anche sotto la doccia o quando si è a letto al buio. Non c’è bisogno di nessun’altra diavoleria, tranne la voglia di «giocare» coi suoni del linguaggio, che si tratti della propria lingua o d’altre: l’unico strumento «esterno» che è davvero utile è un buon registratore.

E la cosa piú importante è che non serve neppure nessuna astrusa e oscura teoria. Il semplice buon senso è piú che sufficiente, purché non si portino i paraocchi dell’ortografia. Infatti, bisogna tener sempre presente che la scrittura non c’entra quasi niente con la pronuncia effettiva, perfino per quelle lingue che hanno una corrispondenza quasi diretta fra lettere e suoni (e non sono affatto molte). Le lettere non sono suoni, per quanto utili per rappresentarli convenientemente (in certe lingue in modo piú regolare che in altre). Troppo spesso, pare che ci dimentichiamo che le lettere non hanno suono; piuttosto, è l’esatto contrario: i suoni vengono scritti, cioè gli si attribuisce una lettera, per rappresentarli.

Spesso dimentichiamo pure —perché fuorviati dalla scuola tradizionale— che la lingua (parlata) viene prima della scrittura, non tanto per importanza, forse, ma senz’altro per necessità: i bambini imparano a parlare spontaneamente, ma gli si deve insegnare a leggere. In molte culture, parecchi individui non sanno leggere e scrivere; e moltissime lingue non hanno neppure una qualche scrittura.

Quando, da adulti, si riflette sui suoni d’una lingua (non necessariamente una lingua straniera, ma anche la propria lingua con un accento diverso), il modo piú utile di fissare i suoni tramite la scrittura consiste nell’usare un alfabeto fonetico, secondo il criterio d’un simbolo per ogni suono e d’un suono per ogni simbolo. E, siccome le possibilità articolatorie dell’uomo sono svariate, è necessario un gran numero di tali simboli. Ovviamente, per orientarsi e indirizzarsi adeguatamente, è necessario disporre anche d’un accurato insieme di figure articolatorie.

02. La fonetica è parte della linguistica?

No, nel limitato senso chomskiano. Certamente sí, nel senso piú lato di studio scientifico del linguaggio.

Ogni lingua è costituita di significati (che riguardano la semantica) espressi tramite parole (che interessano la morfologia), formate di suoni (di pertinenza della fonetica), messe in frasi e periodi (che interessano la sintassi), completate dall’intonazione (cioè tonetica e parafonica); di conseguenza, la fonetica è senz’altro parte della linguistica.

Secondo me, la linguistica moderna si divide in tre parti: descrittiva (che chiamo glottografia), esplicativa (che chiamo glottosofia) e quantitativa (cioè glottometria). Io m’interesso della glottografia; i chomskiani, della glottosofia; i fonetisti acustici e molti sociolinguisti, della glottometria. Ogni settore ha i suoi metodi e scopi; ma, tutt’e tre insieme forniscono una migliore comprensione di come funziona la lingua.

Senz’alcun dubbio, ogni fatto linguistico si basa su descrizioni accurate e ben articolate. Perciò, sono piú che convinto che la fonetica e la tonetica descrittive siano ancora necessarie; e che il metodo della Fonetica naturale (con le sue tre componenti fondamentali, cioè articolatoria, uditiva e funzionale) sia il modo piú conveniente di fare descrizioni accurate e utili.

La fonetica funzionale, generalmente chiamata «fonologia» o «fonemica», è inevitabilmente parte della fonetica, sebbene certi studiosi ritengano ancora che la fonetica sia solo la parte materiale della fonologia. Ma, come un’automobile ha almeno tre parti essenziali (cioè la carrozzeria per il trasporto, le ruote per il movimento, e il motore per far girare le ruote), anche la componente funzionale non è che una parte del tutto.

La tecnologia, poi, ha sviluppato un aspetto ausiliario della fonetica, che punta oltre il parlare e l’ascoltare, specialmente tramite la fonetica acustica. Oggi, è alla portata di chiunque sappia usare un computer, e lo mette in grado di fare fonetica strumentale e quantitativa (invece della fonetica naturale), che molto spesso equivale a far fonetica cogli occhi, invece che cogli orecchi; cioè un tipo di fonetica artificiale, per non dire innaturale.

03. Ma, allora, non c’è nessun’implicazione teorica? Cioè, che cos’è la linguistica, secondo te?

La linguistica tradizionale studiava perlopiú la storia delle lingue (cioè la glottologia), o le origini e gli sviluppi delle lingue (cioè l’etimologia). La linguistica moderna ha aggiunto il desiderio di spiegare i fatti linguistici, dichiarandoli «esplicativamente» adeguati. Tuttavia, penso che qualsiasi spiegazione si debba basare su descrizioni accurate e complete. Anche dal punto di vista fonetico e tonetico (per non parlare dell’aspetto parafonico), le nostre lingue non hanno ancora simili soddisfacenti descrizioni.

Perfino l’inglese non è stato ancora descritto pienamente, sebbene in anni recenti molti studiosi abbiano cominciato a raccogliere registrazioni di parlato connesso effettivamente spontaneo e a descriverlo, sebbene molti continuino a usare solo un sistema di notazione molto povero e insoddisfacente, che non è sufficiente per esser abbastanza precisi e accurati. Facendo cosí, spesso, si rischia d’oltrepassare le proprie intenzioni, esagerando sia nel distinguere certe sfumature, sia nell’ignorare quelle veramente importanti nell’apprendere lingue e accenti.

Io ho cominciato a fare ciò per le 12 lingue di cultura (e loro varianti) date nel Manuale di pronuncia (MaP) e nell’Handbook of Pronunciation (HPr). Invece, per oltre 300 altre lingue, ho fornito uno schematico ma accurato insieme di diagrammi, da cui i lettori interessati e dotati possono ricavare descrizioni complete delle lingue su cui vogliano lavorare.

Con questo, voglio dire che anche oggi c’è un grande bisogno di buone descrizioni fonotonetiche, basate su una ricca gamma di simboli, come quella del mio sistema canIPA, che comprende 52 simboli di vocoidi basilari e alcune centinaia di contoidi. Se poi consideriamo che ci sono altri 8 vocoidi potenziali, e includiamo posizioni labiali intermedie, possiamo ottenerne almeno altri 26, e altrettanti (52 + 26) vocoidi nasalizzati, possiamo inventariare circa 1000 suoni linguistici, tutti reperibili nel Manuale di fonetica (MaF) e nell’Handbook of Phonetics (HPh), ognuno col suo proprio simbolo (generalmente senza diacritici da «seconda classe»): 500 basici, 300 complementari, and 200 supplementari.

04. Ma, dovremmo accontentarci dell’adeguatezza descrittiva, lasciando perdere l’adeguatezza esplicativa?

Tutto dipende da quali sono gli scopi d’ognuno. Se, in età adulta, si punta a padroneggiare i suoni d’una lingua, straniera o quella materna, il modo piú soddisfacente è con la Fonetica naturale. Non è una novità che l’approccio generativo, spesso, perde completamente il contatto con l’accuratezza descrittiva.

05. Come si può acquisire l’abilità sufficiente per fare Fonetica naturale?

Prima di tutto, bisogna aver davvero l’intenzione d’ascoltare qualsiasi sfumatura di suono che uno o qualcun altro possa produrre. Quindi, bisogna affinare le proprie capacità imitative (che sono innate, ma di solito offuscate), per mezzo della cinestesía, che permette di rendersi conto anche dei piú piccoli movimenti nella nostra bocca.

06. Quanto tempo ci vuole per arrivare a cogliere tutti questi dettagli?

Molto dipende dalle proprie doti naturali. Diciamo che è qualcosa di simile a imparare a sonare uno strumento musicale o a leggere la musica. Comunque, il vero segreto è che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire o da verificare, o —per metterla filosoficamente— bisogna esser abbastanza socratici da ammettere che quello che sappiamo non è mai abbastanza.

07. Qual è lo scopo di fare tutto questo lavoro per dei suoni?

Prima di tutto, per padroneggiare piú velocemente i suoni d’una lingua: sia la loro pronuncia, sia il modo in cui sono organizzati per veicolare i significati.

Secondariamente, è divertente. È tutto un nuovo mondo! Invece d’una semplice serie di banali vocali scritte, diciamo da 5 a 10, ce ne sono almeno 50 con cui giocare a piacere. E, invece d’una misera ventina, o trentina, di consonanti, se ne hanno a disposizione centinaia. In questo modo, se ne possono percepire differenze e somiglianze. S’individuano facilmente accenti e lingue. Si possono simulare accenti regionali, sociali o stranieri, solo per puro divertimento, o per guadagnarsi da vivere nel mondo dello spettacolo…

o8. Perché usare cosí tanti simboli?

Perché solo cosí si può annotare la pronuncia nel modo piú preciso possibile. I bambini, quando dipingono i loro disegni, usano solo i colori disponibili per i pennarelli, e la mamma e il papà sono rappresentati coi capelli, diciamo, gialli o neri o rossi, e con la pelle rosa (o marrone)… Quando s’impiegano solo i simboli dell’IPA ufficiale, è come accontentarsi d’usare solo i pochi colori basilari. Grazie alla pratica costante, la maggior parte della gente può acquisire abilità sufficienti per identificare circa 1000 suoni fonetici (con la possibilità, per chi abbia orecchi ancora piú fini, di distinguere ulteriori sfumature), sebbene la maggior parte delle lingue del mondo usi solo qualche decina di suoni fonemici (o «fonemi»), cioè suoni che possono cambiare il significato di parole simili, come «dire» e «dare», o «lana» e «rana».

Se si possono usare molte parole per mostrare differenze di significato, la comunicazione è decisamente migliore di quando si parla in modo elementare e stentato. Perciò, chi dispone di molti simboli può esser piú preciso nell’identificare suoni simili, ma diversi. Inevitabilmente, se si dispone solo di pochi simboli, anche la capacità di distinguere suoni diversi è seriamente compromessa.

09. Non sarebbe meglio seguire il principio fonemico proposto dall’IPA e usare i diacritici per tutte le sfumature?

Se si facesse cosí, si sarebbe —inevitabilmente— portati a considerare le sfumature come qualcosa di meno importante e si finirebbe col tralasciarle. I diacritici sono necessari, ma non sono sempre sufficienti, né abbastanza chiari, dato che è senz’altro piú probabile che siano usati da trascrittori diversi, in modo piú ambiguo di quanto avvenga con simboli autosufficienti. Inoltre, fin troppo spesso, un suono rappresentato da un simbolo con uno o piú diacritici è inevitabilmente considerato un suono di seconda classe e il simbolo qualcosa di complicato.

Sebbene sia ovvio che certi suoni (e simboli) siano piú basilari e piú diffusi d’altri, i simboli canIPA sono piú «egualitari», dato che praticamente sono tutti alla pari. Comunque, le 26 lettere dell’alfabeto latino sono usate per i suoni che, nelle lingue del mondo, sono piú frequentemente e diffusamente impiegati. Ovviamente, i suoni piú rari o piú complessi hanno simboli derivati, ma non sono discriminati da nessun diacritico aggiunto.

10. Che cos'è che non va nell’alfabeto fonetico dell’IPA?

Non è un vero alfabeto foneTico, che raggiunga l’ideale d’avere «un suono, un simbolo»; è solo un alfabeto foneMico. Si deve, comunque, riconoscere che è molto migliore di qualsiasi altro alfabeto di questo tipo.

11. Ma, allora, perché lo chiamano alfabeto fonetico?

Per pura tradizione. Quando apriamo una delle solite grammatiche, all’inizio, generalmente troviamo un breve capitoletto chiamato Fonetica, che dovrebbe trattare i suoni, ma che tratta invece le lettere, con alcune osservazioni confuse e fuorvianti su come si suppone dovrebbero sonare. Però, le lettere non sono suoni: cercano semplicemente di rappresentare dei suoni, ma senza successo, per dirla francamente.

12. Qual è lo scopo di mettere tutti quei particolari nelle trascrizioni?

Mi si conceda di rispondere con una domanda (che non è affatto stupida per me): perché i pittori non dovrebbero essere cosí precisi, o i musicisti cosí sofisticati, quanto possono?

13. Ma, bisogna ammettere che le tue trascrizioni sono difficili da leggere.

Certo, non sono semplici. Ma sono davvero in grado di portare alla vera pronuncia com’è usata ogni giorno dai parlanti. Se ci s’accontenta dei simboli fonemici, l’unico modo per sperare d’avvicinarsi ai suoni effettivi è quando si è un parlante nativo. Ma, anche in quel caso, la pronuncia può esser diversa da ciò che mostra la trascrizione fonemica, senza neppure accorgersi che si sta pronunciando qualcosa di diverso.

14. Ma si può davvero distinguere tutti quei suoni?

Sí! Molte persone sono in grado di distinguere un gran numero di diversi modelli d’auto, compreso l’anno di fabbricazione. Naturalmente, si tratta di persone particolarmente interessate alle automobili. Chi è particolarmente interessato ai suoni sa bene d’esser in grado di percepire e d’apprezzarne le differenze. Provare per credere… Ovviamente, certi suoni particolari o nuovi possono risultare piú difficili da afferrare, all’inizio: un buon registratore è molto importante.

15. Bisogna, comunque, riconoscere che questo modo impressionistico di fare fonetica è meno oggettivo.

All’inizio, quando si sa ben poco sui suoni linguistici, ci si può sbagliare facilmente. Ma, con piú esperienza, si può esser molto precisi. E —per di piú— si può raggiungere il valore medio d’una serie di suoni (che si rappresentano con un certo simbolo), in un modo tale che le macchine non possono fare. Le apparecchiature possono indicare piú di quanto serve, per una certa stringa sonora preregistrata, ma nulla in piú. È compito della Fonetica naturale ottenere il valore medio, ascoltando anche altre voci diverse. In questo, le macchine sono completamente insufficienti. L’orecchio umano è stratosfericamente migliore di qualsiasi apparecchiatura, anche perché non s’occupa affatto della semplice e fuorviante spazzatura sonora, che accompagna qualsiasi registrazione.

16. Perché la classificazione delle Vocali cardinali del Jones non è utile come quella della Fonetica naturale?

Perché le vocali cardinali sono basate sul «punto piú alto» della lingua (ai raggi X). Ciò produsse una specie di trapezoide deformato, con la parte superiore piú lunga di quella inferiore, e la parte posteriore piú corta di quella anteriore. I motivi di queste asimmetrie derivano da precise barriere fisiche: la lingua è piú mobile nell’area anteriore alta che non in quella posteriore bassa.

Se, invece, si considera lo stesso punto, cioè il centro del mediodorso (cioè il vero centro del dorso della lingua), ne risulta una figura simile a un quadrilatero piú regolare. E, per quanto i diagrammi con angoli netti siano piuttosto innaturali, è sempre piú utile usare figure schematiche e regolari. Nonostante questa semplificazione, il diagramma mantiene tutta la sua utilità, per scopi pratici.

Un altro difetto era stato il tentativo di dividere gli spazi interni, fra i quattro punti «cardinali» del quadrilatero, per mezzo d’un’«equidistanza uditiva», invece di continuare con suddivisioni articolatorie, naturalmente, aiutati dal controllo uditivo. È fin troppo evidente che non si può pensare di trasmettere fedelmente qualcosa d’eminentemente uditivo, se non tramite un contatto diretto con la fonte sonora. Quindi, anche per l’apprendimento e l’addestramento di fonetisti specializzati, questo modo di procedere, inevitabilmente, produce delle discrepanze non volute e non gradite, rispetto al modo articolatorio, col feedback uditivo.

Tuttavia, bisogna riconoscere che, prima delle vocali cardinali del Jones, regnava il caos piú completo. Sono state davvero una grandissima conquista, per la quale saremo sempre grati a DJ.

17. Perché mai si dovrebbe apprendere la Fonetica naturale, se è cosí facile fare fonetica col computer (specie per l’intonazione)?

Dipende da ognuno di noi. Se io diventassi sordo, farei fonetica acustica, naturalmente. Infatti, almeno potrei «vedere» i suoni e i campioni d’intonazione che non sarei piú in grado di sentire. Ma questo è ciò che fanno quotidianamente tanti fonetisti acustici, magari mentre ascoltano della musica piú o meno buona. A esser franchi, non s’interessano affatto di sentire come siano i suoni e le intonazioni. S’interessano solo delle loro caratteristiche fisiche o delle loro peculiarità quantitative. S’accontentano semplicemente di guardare, come tanti guardoni — se mi sono spiegato…

18. Però, non si possono negare i grandi progressi tecnologici portati dalla fonetica acustica.

Se lo facessi, sarei cieco. Però, io sono piú interessato al lato artistico dei suoni che a quello tecnologico.

19. Perché sequenze come [je, ja, wo, wa] non sono veri dittonghi fonetici?

Semplicemente perché, per definizione, il dittongo è una sequenza di due suoni vocalici non separati da un aumento d’accento. Invece, [j] e [w] sono suoni consonantici, proprio come [m, l, p, s]. E nessuno considererebbe dittonghi sequenze come [ma, la, pa, sa].

20. Perché le sillabe sono chiamate «fonosillabe»?

Per evitare confusione fra il livello fonico e l’onnipresente livello grafico (molto meno importante, almeno nel nostro senso).

21. È da approvare la fonetica normativa?

Io l’approvo, sebbene questo mi possa far sembrare superato! Per me è un modo di mostrare rispetto a quella parte della lingua che non è seconda a nessun’altra. Proprio come la gente si sforza d’usare una grammatica corretta e un vocabolario adeguato, perché non dovrebbe cercare di pronunciare la propria lingua correttamente?

22. Che cos’è la pronuncia neutra?

Una pronuncia che non si possa identificare geograficamente o (almeno in parte) socialmente. Molto spesso, chi non ne sia interessato nega perfino l’esistenza della pronuncia neutra, sebbene in qualche modo finisca coll’esserne influenzato. Naturalmente, la pronuncia neutra dev’essere appresa, perché nessuno —generalmente— la possiede dalla nascita, proprio come nessuno padroneggia spontaneamente la grammatica o il vocabolario senza applicazione personale.

23. Davvero avresti l’intenzione di lavorare con «chiunque» allo scopo di diffondere il metodo della Fonetica naturale?

Perché no? Purché si tratti di qualcuno che condivida i princípi della Fonetica naturale e abbia voglia d’approfondirli adeguatamente. Inoltre, dovrebbe conoscere abbastanza bene la lingua o le lingue per le quali intende collaborare. È come dire che ci dobbiamo conoscere foneticamente, o natural-foneticamente.

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